Cosa è la ventilazione polmonare e la sua importanza nel ciclismo per migliorare le proprie prestazioni, tutto quello che occorre sapere sulla ventilazione polmonare nel ciclismo agonistico e nello sportivo ad alti livelli
Con ventilazione polmonare indichiamo quei movimenti ritmici di inspirazione ed espirazione che permettono il movimento dell'aria in entrata ed in uscita dai polmoni, ove si compie lo scambio di ossigeno e di anidride carbonica con il sangue. La quantità d'aria ventilata dai polmoni in un minuto è detta ventilazione minuto; questo valore è dipendente sia dalla frequenza d'inspirazione ed espirazione, che dalla quantità d'aria che si riesce a muovere con ogni atto respiratorio. In condizioni normali, un individuo ha una ventilazione minuto di circa 7,5 litri, ma in condizioni di massimo stress fisico, in atleti ad alto livello, si raggiunge un valore di 180 litri al minuto: un valore 24 volte superiore alle normali condizioni di riposo!
Questo vistoso aumento inizia ancor prima del gesto atletico; infatti, l'innalzamento anticipato, consiste in quel leggero aumento della ventilazione cui assistiamo ancora prima dell'inizio della prestazione fisica. Con l'inizio dell'esercizio, assistiamo ad un rapido innalzamento della ventilazione; questo veloce aumento, inizialmente non giustificato dall'immediata necessità di scambi gassosi, è da attribuire a fattori nervosi generati dai recettori posti nei muscoli in azione e nelle articolazioni. In questo modo, il nostro organismo anticipa e si prepara alla nuova richiesta d'ossigeno dovuta al maggiore movimento. Dopo diversi minuti d'esercizio submassimale, la ventilazione continua ad aumentare, ma ad un ritmo minore, per appiattirsi fino alla fine dell'esercizio. Viceversa, se l'esercizio è massimale, la ventilazione continua ad aumentare fino all'insorgere della fatica. Una volta finito l'esercizio, la ventilazione ritorna a valori di riposo, con una rapida caduta iniziale seguita da una lenta diminuzione.
Studi su atleti professionisti hanno dimostrato che la ventilazione polmonare non è mai fattore limitante la prestazione atletica. Infatti, si è sempre notato come l'organismo si adatti allo sforzo atletico attraverso una ventilazione sproporzionata rispetto al reale fabbisogno d'ossigeno dell'organismo. Tale fenomeno prende il nome di iperventilazione, e la causa che lo determina è da attribuire ai grossi aumenti di anidride carbonica e di acido lattico che si accompagnano agli esercizi massimali. Allo scopo di rifornire i muscoli di ossigeno e di rimuovere l'anidride carbonica, gran parte dell'aria ventilata deve raggiungere gli alveoli, cioè quei sottili sacchi d'aria che si trovano a contatto con il sangue che passa per i capillari polmonari: qui accade lo scambio gassoso fra aria e sangue. Non tutta l'aria che inspiriamo arriva agli alveoli, ma rimane nel cosiddetto spazio morto, cioè in quello spazio costituito da naso, trachea, bronchi, etc. in cui non avviene nessuno scambio gassoso.
Per ridurre al minimo possibile l'aria che si ferma nello spazio morto è necessario respirare piuttosto profondamente, per assicurare un'adeguata ventilazione polmonare. Infatti, se gli atti respiratori sono poco profondi, la maggior parte dell'aria rimarrà nello spazio morto e sarà inutilizzata per lo scambio gassoso. In questi casi, ad una minor profondità dell'atto inspiratorio, si associa un aumento del ritmo della respirazione. Nonostante questo, la ventilazione effettivamente usata per lo scambio gassoso sarà sempre inferiore a quella che si potrebbe avere con atti inspiratori più profondi, anche se ad un ritmo più lento. A questo punto, appare chiara l'importanza di una corretta respirazione e soprattutto di un corretto modo di respirare. Infatti, è vero che l'atto respiratorio è di per sè un atto involontario, così come la sua frequenza o profondità dell'inspirazione, ma è anche vero che possiamo migliorare, e di molto, il gesto stesso della respirazione.
Infatti, troppo spesso l'uomo adotta una respirazione intercostale, cioè adottando solo i muscoli intercostali; questi, sollevando la cassa toracica, permettono l'inspirazione, ma non permettono di raggiungere la massima espansione della gabbia toracica. Per raggiungere questo scopo, si deve passare ad una respirazione diaframmatica, che si ottiene utilizzando prevalentemente il muscolo diaframmato per l'inspirazione e gli intercostali come muscoli di aiuto, o accessori, alla respirazione. In questo modo riusciamo a raggiungere la massima espansione toracica, e quindi il massimo sfruttamento della nostra capacità polmonare. Oltre a questo, non si devono dimenticare gli esercizi di stretcing per la cassa toracica: una cassa toracica con un'ottima flessibilità non solo assorbirà meno energia durante gli atti della respirazione, ma permetterà una più facile e completa espansione fino alla massima capacità propria dell'individuo. In questo modo si giungerà ad ottimizzare e massimizzare le proprie capacità respiratorie, arrivando alla massima capacità di ventilazione polmonare che il nostro personale organismo ci può consentire.