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Abbiamo visto, nella prima parte, quale è il fabbisogno di ferro e come questo sia assimilato dall'organismo. Ora ci occupiamo della sua carenza e dei suoi rimedi.

Possiamo notare come negli sportivi assistiamo, da una parte, ad una maggior necessità di ferro, dovuta ad una vita più breve dei globuli rossi, dall'altra ad una più difficile assimilazione, a causa di un'accelerazione di transito intestinale, che ne riduce l'assimilazione. In uno sportivo, l'intensa contrazione muscolare porta ad una veloce distruzione dei globuli rossi, prima della loro fine fisiologica; il ferro in essi presente non riesce ad essere tutto riutilizzato e la maggior produzione di globuli rossi, necessaria per sostituire quelli precocemente distrutti, porta, inevitabilmente, ad una maggiore richiesta di ferro. Il sangue richiamato dai muscoli, lascia l'intestino riducendone le capacità d'assorbimento, quindi riducendo la possibilità di assimilare ferro.

Ma, ad una maggiore richiesta di ferro, l'organismo cerca di rispondere con una maggiore assimilazione, nonostante le difficoltà sopra esposte: questo solitamente, con un'adeguata razione alimentare, è sufficiente per un adeguato equilibrio. Purtroppo, ciò non è sempre raggiunto e, quindi, andiamo incontro ad un insufficiente apporto di ferro. Per diagnosticare quest'anemia è molto importante un controllo che si estenda nel corso del tempo; è frequente, infatti, osservare notevoli sbalzi nei valori ematici degli atleti, dovuti all'intensità degli allenamenti o delle gare, a volte, con valori inferiori a soggetti sedentari. Comunque, una carenza di ferro, porta, inizialmente, ad una diminuzione dei depositi organici e, contemporaneamente, origina una serie di disturbi: astenia, vertigini, palpitazioni ecc.. Se perdura il deficit di ferro, le alterazioni ematologiche si concretizzano con la presenza d'eritrociti piccoli, poveri d'emoglobina, con forme anomale e dimensioni variabili; assistiamo, poi, ad un incremento della transferrina ed ad una diminuzione della ferritina. In casi d'anemia, non correlata ad errata alimentazione, l'integrazione alimentare con sali ferrosi, più facilmente assimilabili, diventa una delle ipotesi migliori. Purtroppo, spesso, l'assunzione extra-alimentare di ferro può portare all'insorgenza di disturbi gastrointestinali, quali nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, ecc..

Questi effetti collaterali sono dovuti soprattutto all'azione lesiva del ferro sullo stato morfo-funzionale del tubo gastroenterico. Dosi massicce di ferro, poi, possono portare ad una tossicosi acuta da dosi inappropriate e/o in eccesso di ferro che causano emoconcentrazione, leucocitosi, acidosi metabolica, insufficienza epatica, ecc., ed alterazioni a carico del tubo digerente (ulcerazioni, erosioni emorragiche), del fegato (necrosi epato­cellulare) e del rene (congestione vascolare, degenerazione tubulare). Dosi meno eccessive ma protratte nel tempo, invece, possono portare ad un eccesso di deposito dello stesso in alcuni organi, come fegato, milza, pancreas. Questo può portare ad un'insufficienza funzionale degli stessi. L'uso, quindi, delle preparazioni di ferro, specie se attuato in maniera continuativa, non è scevro da effetti collaterali e tossici. Proprio per questi motivi, si devono sempre ricercare le reali cause di una carenza di ferro, analizzando la razione alimentare, l'impegno fisico ed indagando su eventuali traumi che possano portare ad una diminuzione del ferro ematico (es. sangue nelle feci). Una volta esclusi eventuali errori alimentari o traumi si potrà passare ad un'integrazione di ferro proporzionale alla nostra carenza, con una somministrazione sempre controllata da un ematologo, che dovrà variare le dosi secondo il nostro reale fabbisogno.